martedì 25 aprile 2017

BIG WOMAN

FORSE...
Forse sono solo un po' stufa oggi. 

Mi sento di essere una donna piacevole, a mio modo straordinaria, anche solo perché sono sopravvissuta a tornadi esistenziali, pieni di difficoltà emotive, economiche, psicologiche, causate da scelte sbagliate, influenze negative, rapporti alienanti... e sfortune.
Mi sento di essere una donna intelligente, forse non eccessivamente colta, su questo ci sto lavorando, ma comunque intelligente, di quelle intelligenze fini, che vedono nell'insieme andando al dettaglio per non perdersi nulla, e sapere come agire.
Mi sento di essere anche attraente, di certo non perfetta, ma attraente. Porto con me un bello sguardo, e delle labbra morbide, sensuali e carnose, dei bei lineamenti, ed una fisicità morbida, ma in linea. Certo... non ho un fisico atletico, ma mi piaccio molto.

Eppure qui, in questa regione, il Veneto, riesco a sentirmi inadeguata. Mi chiedo se sia colpa dell'approccio sbagliato, forse sono troppo aggressiva, o forse appaio troppo indipendente, autonoma, decisa. Sembra che scrivere un messaggio col mio numero di telefono sia troppo diretto, anche se il significato sia solo"dammi un appuntamento, conosciamoci". Nessuna promessa o aspettativa in tutto ciò, eppure sento il terrore e l'imbarazzo dall'altra parte, di qualcuno che non sa più che pesci prendere! E mi chiedo perché non può essere semplice. Posso aver fatto degli errori di valutazione, e non essermi minimamente domandata nulla sull'altra persona, informazioni di base come "convive", "ha figli", "è gay", "non gli interesso", ma credo che di fronte ad un mio gesto così diretto, come quello di dare un recapito telefonico ci possa essere, e ci debba essere, una risposta altrettanto diretta: "convivo", "hai frainteso", "preferisco un altro genere". Senza imbarazzo, perché siamo adulti ed io non mi vergogno di interessarmi a qualcuno, anche se posso ricevere un "NO".

Dai... realisticamente: un rifiuto va preso per quello che è, ciò non toglie si possa essere amici e condividere interessi comuni!

Così mi sono sembrati i veneti in cui mi sono imbattuta, ovvero timorosi del "no", anche se era un evidentissimo "sì", e con la paura di esprimere il proprio pensiero, interesse o disinteresse che fosse, e l'assoluto terrore di prendere in mano la situazione.

PANICO
Domani dopo un mese dall'ultimo messaggio (quello in cui inviavo il mio numero di telefono), rivedrò un uomo che ha stuzzicato il mio interesse, artisticamente, ma anche emotivamente.
Perché mi ha fatto sentire indirettamente quella sensazione di morsa allo stomaco, calore sulle guance, testa tra le nuvole, suggerimento che sono nuovamente pronta per aprire il mio cuore a qualcuno.
Non sono preparata. Che faccio? Gli sorrido, lo ignoro, gli parlo, lo evito proprio...? Farà lui qualcosa? Io credo di aver fatto abbastanza, e poi vorrei evitare di prendere l'iniziativa, insomma! I mezzi ce li ha per fare qualcosa, no?

Quindi dopo questa breve pausa riflessiva e di sfogo, in cui spero di aver detto abbastanza per non pensarci ancora molto, torno a lavorare, già abbastanza in ritardo con le mie scadenze.
Ma ti dirò mio caro artista, che sono contenta di scontrarmi con la dura realtà che comporterà il rivederti di persona. Perché solo così forse potrò finalmente farti uscire dalla mia testa.
E siccome mi ritengo una gran donna (big woman), di certo sopravviverò!
Les jeux son faits!

mercoledì 5 aprile 2017

LA PIOGGIA NEL PINETO

Amo.
Amerò per sempre questa poesia, che lego fortissimamente a un ricordo dolcissimo, forte, incredibilmente romantico, come pochi altri ne ho avuti nella mia vita.

Si chiamava Raffaele, ed era bellissimo. Mi diceva che mi amava perché ero pazza, differente, schietta, e sembrava non farmi paura niente!
Eravamo a Piazzale Michelangelo quando improvvisamente ci sorprese un temporale, proprio sulla panchina dove ci stavamo appassionatamente baciando.

Lui si tolse velocemente la giacca e ci coprì le teste, e cominciò a recitarmi La Pioggia nel Pineto di D'Annunzio.
A memoria.

Come non sentirmi ancora oggi un po' innamorata di quel ragazzo? Avevamo diciotto anni.
Fradici e felici.

Pensare che ogni volta che ho raccontato come mai questa poesia mi riempia di gioia e passione, qualcuno ha cercato di superare quel ricordo. Chi scrivendomela e infilandola dentro ad un Cd, chi chiamandomi Ermione...

Eppure l'unico modo per farmi vibrare con questi versi è uno solo: aspettare che piova, e portarmi fuori, sotto la pioggia scrosciante, baciarmi dolcemente, e sussurrarmi anche solo poche di queste meravigliose parole... Sarò tua per sempre in quel momento.

Eccola. La mia sola ode alla pioggia...

La pioggia nel pineto
Taci. Su le soglie del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.  
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitìo che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde  più rade,
men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.  
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.  
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti  silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti  leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude  novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.