venerdì 20 luglio 2018

MA CHE CAVOLO SUCCEDE?

Già, voglio dire:  che cavolo succede a me?
Mi chiedo se sono davvero depressa, se ci siano delle valide ragioni fuori o dentro di me che mi impediscono di reagire.
So molto di tutto ciò che c'è da sapere, e proprio per questo cerco di combattere la tendenza ad isolarmi, mi sforzo di cucinare, di nutrirmi, di fare delle cose, anche se tutto dentro di me mi tira in basso, e indietro.
Perché? Ho desiderato tornare qui per anni, ed ora ci sono. Ora sono qui tra persone che mi vogliono bene, eppure mi sembra che nessuna di loro veda oltre. Oltre le parole.
Mi dicono tante parole. Perché non si rendono conto che non ci riesco? A mettere in pratica tutto quello che so di dover fare? Perché nonostante io glielo ripeta che da sola non ce la faccio, che ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a fare le cose, di qualche abbraccio, di qualcuno che mi motivi un po', loro non lo capiscono?

Già... Loro hanno costruito una vita, e hanno quella da portare avanti. Io ho sovvertito tutto, e adesso non so più ricominciare da capo. Un anno è passato ed è volato, e mi sembra sia stato un anno inutile, di fallimenti, dove ho buttato via delle occasioni, perché non sono stata in grado di reagire all'ansia di prestazione, dove ho solo dubitato ancora, e ancora di più di me, del mio valore.

Certo... non è facile ricostruirsi, specie se sei stata distrutta quotidianamente dall'ego maschile in due relazioni disastrose. Uomini cui ho permesso tanto, perché l'amore si impara strada facendo, e stare in coppia è molto di più che amarsi. Come una bilancia i cui estremi dovrebbero costantemente bilanciarsi, ma succede che se dal tuo posto vai troppo verso l'altro non c'è più equilibrio. E ti fotti, e mi hanno fottuto alla grande.

E ricostruirsi dopo che hai lottato tanto per sopravvivere è ancora più difficile.
Quando penso a me vedo una donna che ha compiuto numerose imprese, alcune impensabili!

Negli ultimi dodici anni ho affrontato tre lutti, ovvero i miei nonni, e poi mio padre, questo in due anni, e nel frattempo mia madre ha avuto pure un infarto. Oltre questo mi sono trasferita per convivere con un uomo che si è rivelato un infame, con cui prima ho comprato casa, e per lui, per me, ho mollato tutto, e non mi ha mai aiutato, mi ha sempre fatto sentire sola! Un'emarginata. E poi mi ha lasciato, programmando di farlo, lasciandomi i debiti, le corna, la frustrazione.
Trovo un altro compagno, che riesce prima a tirarmi su, a farmi sentire davvero speciale, e poi a farmi sentire in colpa ogni volta, per qualunque cosa, perché il suo ego veniva fuori anche quando io stavo male, ma lui doveva stare male di più. La sua manipolazione psicologica è stato qualcosa che mi ha condizionato a distanza di due anni. E ci ho messo quattro anni a vendere la casa, che mi è rimasta sul groppone, costringendomi a fare un lavoro di merda per mantenermi, e vivere, ma ci riesco, e riesco a tornare nella mia città organizzando un trasloco in soli tre mesi.

E sono stata felice di tornare... ma mi sono sentita come se un intero grattacielo mi fosse crollato addosso. Schiacciata. Impotente. Abbattuta. Stanca.
E in tutto questo, tutto questo l'ho affrontato con una malattia che peggiora giorno dopo giorno, minando sempre la mia autonomia, ad ogni stress, ad ogni abbattimento.
Mi sento solo una sopravvissuta. Sì, sono sopravvissuta. E ora sono spezzata. totalmente. dentro, e fuori. Sono una donna spezzata.
Che ora non ha più una vita, un lavoro, un hobby, niente. Nemmeno l'autostima.

E l'unica cosa che mi dava rigore, motivazione, ora non me la da più. Parlo della palestra.
Mi ero posta l'obbiettivo di riprendere a correre senza usare i tutori. E mi sono data fare, fino ad un certo punto. Poi il mio personal trainer ha cominciato a trascurarmi, o meglio, a essere superficiale. Nel frattempo tutti i miei sforzi alimentari, le mie rinunce, sono state costantemente criticate, al punto da farmi sentire esagerata (ok, potevo fregarmene, ma sono vulnerabile, ci va proprio niente a farmi vacillare). Poi col mio coach mi chiarisco, concordiamo degli esercizi, mi filma mentre li faccio, così poi me li ricordo, li riguardo e... ma io sono questa? porca merda.. tutto quello che sto facendo non servirà mai a un cazzo, non alzerò mai più le braccia sopra la linea delle spalle, mai, mi dico, non recupererò mai quello che ho perso in questi dodici anni di vangate di merda. E lo stesso giorno, ricevo per posta gli esami genetici che ho fatto con  mio fratello. E niente... ma che cazzo mi credevo? Credevo che ventisette anni fa si fossero sbagliati, destinandomi ad un incubo da cui mi sarei destata facendo un po' di pesi. Ecco cosa cazzo mi credevo, E mi sono sentita così disperata da sperare che l'esito di quello di mio fratello fosse anche solo un po' simile al mio. Che razza di stronza! Lui è sano, ed io sono felice che lo sia, ma per un attimo, solo per un attimo ho sperato di sentirmi meno sola, in questa avventura. Solo per un attimo. Sono stata malissimo. So che è umano, ma mi sono sentita una merda.

E sono ritornate le lacrime,  quel male di vivere che abbiamo tutti, nascosto in fondo in fondo, in quell'angolino, buio, profondo, che però quando ne passi tante, e non fai  mai in tempo a goderti il lutto, sfogare l'abbandono, accettare la separazione, torna. Viene fuori e ti mangia dall'interno, ti controlla.
Cazzo, non mi sono nemmeno potuta permettere di piangere mio padre, perché mia madre era in uno stato che solo chi ha davvero perso l'amore della propria vita lo può capire, e poi c'era mio nipote piccolo, e mio fratello che è un introverso, e quel coglione con cui stavo insieme che non mi permetteva di piangere: devi essere forte diceva. Ma vaffanculo! Fammi essere fragile, fammi sfogare tutto il dolore, perché ho male.Sto male.
Io mio padre lo sto ancora piangendo, e sono così incazzata, che non riesco a lasciare andare il passato. Lo so che ci attacchiamo al dolore perché ci siamo abituati a quello. Lo so.

So che dovrei fottermene, lasciar andare. Lo so.
Ma mi sento una totale fallita, senza lavoro, senza niente che mi interessi abbastanza da motivarmi a reagire. E giuro che l'ho cercato. Ho cercato un obiettivo, ho cercato di fare qualcosa per la mia autostima. Ma io mi sono anche rotta i coglioni di dover  affrontare tutto questo da sola, ancora e ancora. Le miei giornate sono fatte di miseri tentativi di organizzare, reagire, fare, lavorare, studiare. Ma sono tentativi che non riescono.

E poi...

Ogni volta che ho ricevuto un "no" mi sono sentita abbandonata.

Ho chiesto ad almeno tre persone di poter disegnare assieme.
Ho chiesto ad almeno dieci persone di accompagnarmi allo speed date, che era una cagata, ma era qualcosa che volevo fare proprio per la mia autostima, riprendere confidenza con l'altro sesso.
Ho chiesto molte volte di andare a Torino la sera.
Le uniche volte che ho concluso qualcosa è stato perché l'ho organizzato o perché ho insistito.
Ma perché devo supplicare i miei amici? Perché non hanno voglia di fare delle cose con me? Perché li devo vedere solo il venerdì a bere, o se ci sono i compleanni per mangiare e bere, o se si va a mangiare o a bere, o se sono disperata e non so dove andare.

Perché loro hanno le loro cose, la loro vita, le loro abitudini, ed io in tutto questo non rientro. Non esisto se non al venerdì quando erano abituati a vedermi perché da Padova scendevo ad Asti.

Questa è la dura verità.

Non volevo tornare per sentirmi così, ed io ora non ho la forza per mettermi ad organizzare, fare cose, non sono nemmeno in grado di stendere il bucato certi giorni.

E vorrei solo che qualcuno volesse fare qualcosa con me, senza che debba essere io ad organizzare le cose. Ed infatti la settimana che Manu mi ha chiesto di andare con lei a vedere degli spettacoli di Asti Teatro io sono stata felice. Felice anche di spendere dei soldi.

Lo so. Sono depressa, piango ogni momento, anche per uno stupido pensiero, mi sento inutile perché non riesco a lavorare (e il mio amico parla facile, convinto che le parole aiutino, ma non è sempre così), trovo tutto privo di significato, ma non credo che il mondo ce l'abbia con me,
Credo solo che non so più cosa fare per andare avanti, e sto lasciando il posto alla rassegnazione. Scrivo per rendermi conto. Per mantenermi un po' lucida.

Provare ad aiutare una persona depressa non è facile, quando sono lucida lo so. Ma credo fermamente che non si possa aiutare nessuno solo a parole, o facendole fare cose che piacciono a noi.
Per farle vedere le cose in modo diverso bisogna aiutarla a farle in modo diverso. Fare cose in linea con lei, non con noi, se siamo in gradi di uscire da noi.

Lo so che in qualche modo passerà. Ogni tanto spero di non aprire più gli occhi la mattina, e che il mondo sia scordato che io sia mai esistita così nessuno soffrirebbe. Perché persone che mi vogliono bene ce ne sono. Ma non mi abbraccia già più nessuno. Quando tornavo da Padova mi abbracciavano forte tutti. Ora pochi. A volte.

Ecco. Sono tornata. La festa è finita. Nessuno ha tempo da dedicarmi per trascinarmi fuori da questo tunnel. Da trascinarmi fuori.

Hanno le loro cose.

Io ho la mia merda. Tanta.


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